domenica 23 marzo 2008

violenza domestica alle donne immigrate

Riflessione collettiva delle donne di Annassim sulla violenza domestica alle donne immigrate

Premesso che

la violenza prolifera a livello planetario assumendo infinite forme,con caratteristiche dell'evento piu' sconcertante del nostro tempo, dai conflitti identitari e guerre senza fine, agli scontri etnico-religiosi e atrocita' di ogni genere, e che è sempre maggiore, inoltre, il diffondersi e l'amplificarsi della micro-violenza quotidiana: aggressioni e stupri, molestie sessuali su donne e bambini, mobbing e ricatti in ambito lavorativo, bullismo adolescenziale e delitti perpetrati "per futili motivi"...

Le nostre riflessioni sono legate all’esperienza accumulata in alcuni anni di relazioni e lavoro culturale e politico con donne migranti, in special modo donne provenienti da Tunisia, Marocco, Egitto, Palestina .
Più conosciamo tali donne e più acquistiamo la consapevolezza che, a parte le cosiddette forme di emancipazione che ci appartengono come abitanti del Nord del Mondo ,
relativamente all’essere oggetto di violenza , tra noi e loro le differenze sono inconsistenti.
La violenza sulle donne- come da più parti è stato analizzato, è trasversale allo spazio, al tempo e alle condizioni sociali – per le immigrate è da considerare che, ogni qualvolta aumentano le difficoltà per il maschio-marito , aumenta la violenza nei loro confronti sia all’interno della famiglia che nei paesi a maggiori difficoltà ( vedi Palestina con il deterioramento della vita con l’occupazione israeliana)

I racconti delle donne migranti sono gli stessi di sempre di tutte le donne , con l’aggravante che in una situazione quotidiana di maggiori difficoltà , maggiore è l’aggressione e l’esercizio del potere dell’uomo sulla donna e sui bambini.
Se lo stupro e l’aggressione per strada sono facilmente “visibili” e “ prelibatezze” per operazioni mediatiche , la violenza consumata dentro le pareti domestiche , non solo rimane nascosta ma non è neppure oggetto di curiosità di qualunque speculazione intellettuale , in quanto
- non crea problemi a livello di ordine pubblico
- non incide sulla percezione di sicurezza (sociale)
- va a toccare il senso comune che “ i panni sporchi si lavano in famiglia” o il “ tra moglie e marito non mettere il dito”
- Rafforza il senso comune che considera tutti gli immigrati portatori di violenza e disordine etc etc

Quali donne abbiamo avvicinato

L’immigrazione cui facciamo riferimento è quella del Nord Africa e la situazione di tali paesi ci appare a macchia di leopardo. Le immigrate a Bologna provengono in genere da zone agricole, poche da grandi città come Casablanca. Diverso è, quindi, il loro livello di scolarità, molte sono analfabete, come diverso è , in loro, l’attacccamento alla tradizione .
Questo conta molto anche nel processo migratorio, nella relazione con l’altro sesso , nell’avere strumenti sufficienti per affrontare le difficoltà.

Cosa ci raccontano?

…scene di botte- mariti che picchiano- mariti che arrivano a casa scontenti e se la prendono con le mogli- mariti che non rispettano , che pretendono … che bevono, che si ubriacano sistematicamente e arrivano a casa in uno stato di alterazione mentale – che cercano fuori casa altre donne con cui fare sesso - che negano i soldi – che non si occupano dei figli- che di fronte alle difficoltà economiche – nonostante la gelosia spingono la moglie ad andare in giro a cercare lavoro-soldi , che quando la situazione familiare è difficile da gestire , alcuni mariti scappano senza lasciare tracce . In certi casi molto forte e violento diventa il conflitto fra marito e moglie, e nonostante le assodate difficoltà a mantenere una famiglia , alcuni uomini non rifiutano di pensare ad un’altra moglie , facendo riferimento ideale alla poligamia, per quanto in alcuni paesi come il Marocco sia proibita per legge.
Qualche donna ha scoperto che mentre lei era in Italia durante le vacanze estive, il marito al proprio paese sposava un’altra donna
- Non è vero assolutamente che le donne arabe, anche provenienti da una tradizione di poligamia, accettano tranquillamente tale condizione-
- Soffrono per essere mischiate, trascurate, de-private , confuse. Soffrono per le aumentate difficoltà economiche, per essere…seconde nella sfera degli affetti e delle attenzioni
- Se riescono a superare le inibizioni, i dettami religiosi, i pregiudizi, non sempre possono-riescono a vivere liberamente .Sono schiacciate dai pregiudizi degli altri e dall’atteggiamento di disprezzo dei loro uomini .
- Se il loro uomo è un italiano , costui rimane destabilizzato dal comportamento “libero” della donna - musulmana , se è un musulmano, costui è pronto a deprecare e a disprezzare la donna che ha davanti e che non riconosce nel comportamento come simile alla propria madre, sorella, etc
- Alcune donne arabe divorziate riescono ad avere un altro uomo , con le difficoltà sopra indicate che si ripercuotono anche sui figli se lei è comunque madre .
- Se rimangono in cinte , vivono da sole il dramma di una gravidanza non desiderata e spesso sono costrette a ricorrere ad aborti clandestini praticate dalle loro connazionali. Si vergognano, hanno paura di essere smascherate a ricorrere ai servizi.

Quando il pregiudizio condiziona i comportamenti..

I racconti delle donne immigrate , riguardano anche la realtà esistenziale nei paesi di provenienza : i pregiudizi, i sospetti su probabili relazioni o amori clandestini …insomma la loro relazione con il maschio.
F. 40 anni - proveniente da Casablanca ci ha raccontato gli atroci sospetti su di lei e le “ voci” messe in giro da una sua cugina su una sua presunta relazione clandestina con un vicino di casa che era stato visto scambiare due parole di cortesia con lei .
La sua depressione con senso di nausea e vomito, erano state scambiate per sintomi di gravidanza…il padre l’aveva cacciata via da casa , mentre la prima moglie di costui aveva suggerito una visita ginecologica per fugare ogni sospetto.
Accertata la incontaminata verginità e diagnosticata la depressione con conclamata anoressia e senso di vertigine …le acque si sono sedate .Alla nostra amica marocchina è rimasta la paura , l’umiliazione, il ricordo della sofferenza, il riflesso condizionato per cui ad ogni difficoltà da affrontare le ri-compaiono i sintomi somatizzati : nausea vomito vertigini.

L’ autonomia- la libertà di movimento ?— Sono bisogni ma non prorompenti
E’ sempre molto faticoso gestire l’indipendenza . Prevale l’opinione che il marito deve garantire la sussistenza , una bella casa , ogni confort materiale . La ricerca di un lavoro spesso è una necessità , una costrizione dall’eccessivo costo della vita , in Italia. Non appare una scelta di indipendenza economica.
Il bisogno di autonomia di azione e di pensiero è presente nelle donne scolarizzate, con un alto livello di cultura e consapevolezza. Qualcuna comincia ad essere critica nei confronti del matrimonio, e a ribellarsi ai matrimoni imposti anche se in genere prevale il peso della tradizione e il bisogno –ricerca “ del marito e del matrimonio” come realizzazione sociale e tendenza ad affermare la propria identità nel ruolo di madre
Quali risposte in termini politici
La violenza ed il malessere delle donne non sono mali ineluttabili-
Non sono voluti da Dio – possiamo dire che sono storicamente determinati
Che fare allora, in termini operativi ?
Operare per la riduzione del danno e per la sua eliminazione Che significa, in ultima analisi, cambiare le condizioni di vita e le relazioni per una trasformazione anche culturale

Abbiamo sempre sostenuto che le migliori alleate della violenza alle donne sono l’ isolamento , la paura la solitudine .
Anche le donne straniere hanno cominciato ad uscire dalle case- dal chiuso delle mura domestiche- hanno cominciato a parlare fra di loro e con altre donne- a scoprire il piacere e la libertà dello stare “ fra donne”in un ambiente riconosciuto come loro- segnato dalla loro appartenenza per
acquisire consapevolezza- forza morale- cultura- saperi- conoscenze-
arricchirsi con nuove relazioni e scoprire forme comuni di autodifesa – autostima-
uscire dalla solitudine anche senza il sostegno della rete dei parenti.

ALLE DONNE IMMIGRATE MANCANO I LUOGHI DOVE RITROVARSI E L’AIUTO DELLE NATIVE CHE METTANO A LORO DISPOSIZIONE CONOSCENZE E SICUREZZA PER AFFRONTARE LE DIFFICOLTA’ – CONOSCERE MEGLIO LUOGHI E SITUAZIONI- SOSTENERE IL RUOLO GENITORIALE ED IL RAPPORTO CON L’ALTRO SESSO IN UNA LUCE CHE NE SALVAGUARDI LA DIGNITA’ IL RISPETTO RECIPROCI E L’AUTONOMIA

Le mistificazioni culturali e il VELO

Molti fatti di cronaca riguardanti la violenza sui corpi delle donne , sono stati letti come espressione di culture arretrate- scontro di civiltà- di fondamentalismi religiosi soprattutto quello islamico…
Noi pensiamo che la violenza sulla donna sia sempre frutto di un dominio- quello maschile che attraversa la storia senza variazioni significative di tempi e di luoghi
Siamo convinte che il controllo sulla sessualità e il corpo della donna , non siano rigurgiti patriarcali ma che nascosti nelle pieghe della modernità - appartengono ai fondamenti stessi della politica , dei poteri e dei saperi istituzionali –su cui si sono costruite le società umane sotto qualunque cielo.
Riteniamo che non sia un caso che a dispetto di cronache e numeri , rapporti ONU inchieste , denunce, sulle diverse e agghiaccianti forme di violenza alle donne –
si torni sempre a parlare in modo riduttivo e mistificato del VELO ISLAMICO
come simbolo più appropriato ad indicare il limite della separazione – della civiltà- dell’emancipazione- della libertà…
Continuando un discorso iniziato nell’epoca colonialista dell’800, che vedeva il VELO simbolo dell’oppressione femminile e quindi dell’arretratezza dell’Islam
In questo modo il colonialismo (a cui la civiltà islamica è riuscita a opporre una resistenza molto maggiore di ogni altra che sia stata direttamente investita dalla dominazione europea), scegliendo la condizione femminile come principale terreno di confronto (supportato dal femminismo emancipazionista), ha contribuito a rafforzare la prigione delle donne musulmane, facendola diventare la principale bandiera della “tradizione”, per la quale ogni cambiamento su questo terreno è un cedimento all’oppressore straniera

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